16-11-2005 16:10:19
Divieto di spinta
piloni in psicanalisi - Il Gazzettino
Il guru inglese della mischia Phil Keith Roach una volta ha detto: «I giocatori della prima linea sono il sale della terra». Sacrosanta verità condita di humour. Ma oggi i piloni esprimono ancora pienamente l'essenza del gioco? Hanno il diritto di mettere sotto pressione l'avversario? Luciano Ravagnani, sulla "Meta Rugby", che dedica splendide pagine ai Pumas e alla mischia, solleva la contraddizione tra il voler cambiare i connotati del gioco e il lamentarsi dell'estinzione dei piloni di un tempo.
C'è una corrente di pensiero avversa alla prova regina del rugby, perchè oscura e incomprensibile ai profani. Dunque poco adatta alla necessità di attirare un vasto pubblico di "occasionali" per far fronte ai costi crescenti del professionismo e alla concorrenza del "tredici" nell'emisfero australe. Un vento che, a catena, ha investito gli arbitraggi. I fischietti del Sud Pacifico (in buona fede, sia chiaro) rischiano di diventare un potente deterrente al mestiere dei piloni e alla spinta in mischia. Ricordo Inghilterra-Francia del Sei Nazioni 2003. Il neozelandese Honiss sanzionò a ripetizione Crenca per spinta trasversale. In realtà era il suo dirimpettaio a premere sul tallonatore dei Galletti mentre il pilone sinistro francese cercava di rimetterlo in asse. All'ennesima punizione gli uomini del pack si consultarono e rinunciarono a spingere. Per mezz'ora a Twickenham si giocò un rugby surreale, senza combattimento in mischia. Quanto agli inglesi, un video sui "pallini" dei vari arbitri li aveva indotti a una chiacchierata informale con Honiss prima del match e alla decisione di adattarsi alla sua linea.
Non bisogna generalizzare. Ma non c'è dubbio che molti direttori di gara dell'emisfero australe siano contrari alle entrate dinamiche dei pacchetti e che non sempre puniscano la prima linea che si rialza sotto la pressione subita. E non perchè siano convinti, come ebbe a dire una volta Françoise Sagan, che «quei tizi si raccolgono in mischia per parlare male dell'arbitro». Ma perchè sempre più abituati a dirigere squadre per le quali la mischia è un banale contrattempo. L'approccio europeo (ma anche argentino e sudafricano) resta invece di natura diversa: il pack è un ecosistema, i piloni lottano ed esercitano un'arte sottile. «Molti desiderano che questa fase di conquista diventi una semplice rimessa in gioco - dice Jacques Brunel, preparatore degli avanti francesi e grande estimatore della bajadita -. Noi desideriamo che resti un combattimento e la difendiamo perchè è un elemento fondamentale del gioco e della sua evoluzione». Non sfugge a Brunel che un pilone privato della spinta o va in psicanalisi o lo trovi puntuale a difendere e a ingolfare gli spazi agli attaccanti.
Certo vanno riconosciute agli arbitri alcune attenuanti: è difficile cogliere i responsabili dei crolli dei pacchetti anche perchè i giocatori non collaborano e inventano sempre nuovi trucchi per aggirare il regolamento. Inoltre si trovano ad applicare norme schizofreniche che nell'unico sport collettivo di combattimento favoriscono il confronto individuale.Ma resta il fatto che va salvato il diritto della mischia a spingere. Per questo molti chiedono una maggiore chiarezza sulla logica intrinseca del gioco e una conseguente armonizzazione degli arbitraggi tra i due emisferi. Così come una concertazione con allenatori e giocatori. Può essere il momento buono, adesso che gli All Blacks stanno dando priorità alla conquista. Lo spettacolo ne guadagna. Guardate con attenzione Rokocoko e gli altri trequarti: quando il pack avanza gonfiano i polmoni, mettono all'improvviso 10 chili di muscoli, corrono più veloci. La mischia è essenziale. E non solo per chi la compone.
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