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La Storia del Rugby, le sue Tradizioni, le Leggende, attraverso documenti, detti, racconti, aforismi.

Moderatore: Emy77

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GRUN
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Messaggio da GRUN »

Caro Sanscrito, la mia risposta è negativa. Se mai è esisitito, ecco, ora ho la convinzione che non appare individuabile un codice comune di riferimento. Certo, confrontando una partita del 1976 ed una del 2006, si riscontrano degli elementi di continuità, ma mi paiono molto più numerose le differenze. Altri fisici, altri ritmi, altre esecuzioni dei fondamentali, altre concezioni tattiche, altre regole. Ti sento già dire: "lo spirito". Mah, siamo così sicuri che anche questo abbia attraversato i decenni immutato ed immutabile, con gli interessi economici che ci sono oggi? Munari, nel corso di una telecronaca, ricordava che le squadre inglesi, in Heineken Cup, dopo aver giocato in trasferta, non prendono più parte al terzo tempo: doccia, fisioterapista, integratori, aereo, che domani c'è allenamento... E anche arrestandoci agli anni di Fouroux ed Evans, di Villepreux e Babrow, il rugby che veniva insegnato a Stellenbosch era lo stesso che Villepreux andò a predicare a Tahiti finita la carriera? Lo spirito e la visione del mondo dei giocatori gallesi che si allenavano ancora sporchi di carbone erano, potevano essere quelli dei rampolli della alta borghesia inglese che placcavano nei college più esclusivi? Io credo che nel costruire la storia di questo sport magnifico quasi tutti abbiano enfatizzato i tratti condivisi, che comunque fino ai novanta erano in numero maggiore e più solidi, piuttosto che individuare i tratti precipui delle culture rugbistiche delle varie comunità, ma forse questa è una riflessione troppo eccentrica. Torno alle tue "provocazioni". E' vero "i professionisti si innestano su un tessuto di gente del posto, che vive e tramanda le tradizioni della squadra". E' questo il punto, a far vibrare, a corroborare storia e memoria sono gli appassionati, i tifosi. Nel rugby dei padri i giocatori venivano generati dall'ambiente che avrebbero poi rappresentato, oggi è così solo in minima parte e solo per poche e ben identificabili realtà, ognuno può pensare se questo sia un bene o un male, certo è una significativo segno di diversità. Sul fatto che in paesi rugbisticamente più evoluti del nostro e arrivati al professionismo con anticipo rispetto a noi molti giocatori siano da prendere ad esempio e a modello di comportamento, sarei propenso ad esprimere consistenti dubbi. Nel campionato inglese, che in questi ultimi tre anni ho potuto seguire agevolmente grazie a Sky, c'è stato un tale stillicidio e rossiniano crescendo di falli professionali, violenze gratuite, risse da bar, vendette trasversali, da indurre la federazione ad una maggiore severità, comn arbitri più propensi ad estrarre cartellini e giudici pronti a comminare lunghe squalifiche. Non mancano di sicuro giocatori corretti in campo ed attaccati alla maglia, ma mi sembra chiaro che tutte le pressioni che gravano sugli atleti professionisti hanno finito per, diciamo così, spostare gli orizzonti etici...
BixBeiderbecke
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Messaggio da BixBeiderbecke »

Sapevo che Rives si era dedicato alla scultura, ma adesso addirittura leggo che ha esposto ai Jardins du Luxembourg, il "primo scultore dopo Rodin ad aver avuto questo privilegio... accidenti, è riuscito a diventare un numero uno anche qui...

E poi leggete qua: « L'apparition d'un artiste tel que Jean-Pierre Rives prolonge la création du monde » écrivait Antoine Blondin.
egon
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Messaggio da egon »

BixBeiderbecke ha scritto:Sapevo che Rives si era dedicato alla scultura, ma adesso addirittura leggo che ha esposto ai Jardins du Luxembourg, il "primo scultore dopo Rodin ad aver avuto questo privilegio... accidenti, è riuscito a diventare un numero uno anche qui...

E poi leggete qua: « L'apparition d'un artiste tel que Jean-Pierre Rives prolonge la création du monde » écrivait Antoine Blondin.

Immagine
Exposition Jardins du Luxembourg


Immagine
Exposition Jardins du Luxembourg


Fonte: http://artgeneration.fr/jean-pierre_RIVES.html



Si vola "alto", Bix.
Altissimo.
L'ascensione di una serie di linee, "coriacee", verso il cielo.
Si rincorrono, si cercano, si "oppongono".
Eppure, seguono un unico flusso di "energia".
Oppure, all'inverso, scendono "placidamente" dall'alto per poi ripiegarsi su se stesse.
Per certi versi, mi sono venuti in mente Pevsner e Gabo.
L3gs
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Messaggio da L3gs »

GRUN ha scritto:Caro Sanscrito, la mia risposta è negativa. Se mai è esisitito, ecco, ora ho la convinzione che non appare individuabile un codice comune di riferimento. Certo, confrontando una partita del 1976 ed una del 2006, si riscontrano degli elementi di continuità, ma mi paiono molto più numerose le differenze. Altri fisici, altri ritmi, altre esecuzioni dei fondamentali, altre concezioni tattiche, altre regole. Ti sento già dire: "lo spirito". Mah, siamo così sicuri che anche questo abbia attraversato i decenni immutato ed immutabile, con gli interessi economici che ci sono oggi? Munari, nel corso di una telecronaca, ricordava che le squadre inglesi, in Heineken Cup, dopo aver giocato in trasferta, non prendono più parte al terzo tempo: doccia, fisioterapista, integratori, aereo, che domani c'è allenamento... E anche arrestandoci agli anni di Fouroux ed Evans, di Villepreux e Babrow, il rugby che veniva insegnato a Stellenbosch era lo stesso che Villepreux andò a predicare a Tahiti finita la carriera? Lo spirito e la visione del mondo dei giocatori gallesi che si allenavano ancora sporchi di carbone erano, potevano essere quelli dei rampolli della alta borghesia inglese che placcavano nei college più esclusivi? Io credo che nel costruire la storia di questo sport magnifico quasi tutti abbiano enfatizzato i tratti condivisi, che comunque fino ai novanta erano in numero maggiore e più solidi, piuttosto che individuare i tratti precipui delle culture rugbistiche delle varie comunità, ma forse questa è una riflessione troppo eccentrica. Torno alle tue "provocazioni". E' vero "i professionisti si innestano su un tessuto di gente del posto, che vive e tramanda le tradizioni della squadra". E' questo il punto, a far vibrare, a corroborare storia e memoria sono gli appassionati, i tifosi. Nel rugby dei padri i giocatori venivano generati dall'ambiente che avrebbero poi rappresentato, oggi è così solo in minima parte e solo per poche e ben identificabili realtà, ognuno può pensare se questo sia un bene o un male, certo è una significativo segno di diversità. Sul fatto che in paesi rugbisticamente più evoluti del nostro e arrivati al professionismo con anticipo rispetto a noi molti giocatori siano da prendere ad esempio e a modello di comportamento, sarei propenso ad esprimere consistenti dubbi. Nel campionato inglese, che in questi ultimi tre anni ho potuto seguire agevolmente grazie a Sky, c'è stato un tale stillicidio e rossiniano crescendo di falli professionali, violenze gratuite, risse da bar, vendette trasversali, da indurre la federazione ad una maggiore severità, comn arbitri più propensi ad estrarre cartellini e giudici pronti a comminare lunghe squalifiche. Non mancano di sicuro giocatori corretti in campo ed attaccati alla maglia, ma mi sembra chiaro che tutte le pressioni che gravano sugli atleti professionisti hanno finito per, diciamo così, spostare gli orizzonti etici...
Volevo rispondere a Sanscrito ma leggendo ciò che GRUN ha scritto mi rendo conto dell'inutilità di una doppia opinione.

Pensiero di GRUN che condivido in tutto e per tutto, soprattutto da cittadino rodigino con il sangue rossoblu nelle vene che soffre sugli spalti del Battaglini da quasi 20 anni.

E da rodigino non posso che evidenziare gli aspetti negativi del passaggio al professionismo, mutazione che è in parte responsabile del declino rossoblu.

Aldilà delle indiscutibili colpe manageriali e gestionali dei personaggi che si sono succeduti al vertice della RR, ciò che rendeva grande e temibile il Rovigo era l'attaccamento della città alla squadra; altro che 16° uomo... era tutta una cittadinanza che spingeva chi ogni domenica andava in campo ad indossare quella maglia pesantissima e gravida di storia e responsabilità.

Un attaccamento città/squadra favorito dall'assoluta possibilità di respirare rugby 7 giorni alla settimana, data la schiettezza -cito solo un esempio- con cui gli appassionati, trovando Dengra sotto i portici di Piazza Vittorio Emanuele II, potevano fermarlo e dirgli: "Chea baea te gà da tegnerla struca!", se nella domenica precedente il buon Serafino durante una penetrazione aveva malamento perso il pallone, la stessa sincerità e sofferenza con cui chiunque poteva attendere nel dopopartita i giocatori, lo staff e l'allenatore fuori dagli spogliatoi, molto spesso perchè la maggioranza della rosa era autoctona (e perchè a Rovigo siamo in 50000, e bene o male ci conosciamo tutti...).

Ed i giocatori, in seguito ed in considerazione di tali dimostrazioni da parte dei rodigini e con la consapevolezza di essere sotto gli occhi competenti e severi del "pubblico rugbystico più competente d'italia", erano quasi 'obbligati' a dare tutto.

Un attaccamento che aveva come mastice perenne una cosa chiamata VOLONTARIATO, oggi quasi scomparso, in cui si "donava" il proprio tempo alla Rugby Rovigo (propaganda, gestione dello stadio, etc) senza richiedere nulla.

VOLONTARIATO che diventava SACRIFICIO, soprattutto negli anni bui di inizio '70, in cui i giocatori stessi della rugby rovigo salvarono la società dal tracollo e dalla sua scomparsa.

Ebbene su questo sito ne ho sentite tante, su Rovigo città, su Rovigo squadra, su Rovigo abitanti, ho sentito qualcuno additare i tifosi rodigini come i peggiori e più antipatici d'italia, ho sentito soprattutto qualcuno apostrofare in malo modo il guestbook del sitoignorante (qualcuno ha ironizzato anche sul nome... che però usa il termine ignoranza con un'accezione "Paoliniana"...), unica risorsa per l'appassionato rossoblu.

Ebbene sono costretto a dire che, pur nella sua assoluta, a volte eccessiva, libertà di opinione, spesso il guestbook in questione regala opinioni e testimonianze da leggere attentamente. E' una pura coincidenza che in questi giorni anche sul sitoignorante si dibatta sulla mutazione di questo sport in italia, ecco perchè mi sento di riportare qui alcune testimonianze colà comparse. A voi.




"Ho la sensazione che da quando hanno cominciato a girare troppi soldini nel rugby, le cose stiano diventando molto tristi. Squadre che si creano con tanti soldi e di punto in bianco si definiscono "città in mischia", società gloriose allo sfascio e perciò sempre più penalizzate, e sky di qua e sky di là, gli italiani che si sono accorti dell'esistenza di questo bellissimo sport e all'improvviso si sentono tutti competenti, ritengono che alle partite si debba stare seduti e zitti zitti (come gli inglesi... dicono!), vai al Sei Nazioni a Roma e tutti osannano quell'insopportabile e orrendo Lo Cicero, si addita il pubblico di Rovigo perchè fa casino, gli arbitri penosi, carabinieri che rompono le palle per i fumogeni... Boh, non so... quando fuori dal Veneto e poche altre zone nessuno sapeva del rugby, si stava a meraviglia e sulle tribune si faceva un gran casino (anche bello tosto) divertendosi e basta. Le sane rivalità poi sono sempre esistite. Nessuno fuori dalle più gloriose "isole rugbistiche" ci conosceva e si stava da Dio! Secondo me appena una cosa viene scoperta in Italia, viene rovinata. E' un'opinione che forse nasce dall'amarezza, ma mi pare che una volta si respirasse un'aria più pulita dove vinceva chi era più forte, orgoglioso e coraggioso, e non chi aveva più schei. Buon ponte al mondo rossoblù."

"ROVIGO ha:
- una tardizone di rugby ineguagliabile in Italia
- un attaccamento da parte della città ineguagliabile
ROVIGO non ha:
- più di quattro o cinque imprenditori, sempre quelli, quindi soldi per competere
- grandi competenze manageriali (mi pare) per trasformare una passione forte in una società forte
in un terreno fertile di passione unico come quello di Rovigo, alla fine, non c'è chi può e sa seminare..."

"Concordo pienamente il tuo giudizio in tutti i suoi punti!
In italia quando si scopre qualcosa(qualsiasi) la si rovina subito, le televisioni e i troppi soldi montano la testa di qualche "magna-magna", e la gente che scopre questo sport diventa saccente e da lezioni a tutti come se si fosse al (ex)Processo di Biscardi o al bar...
Mi sono innervosito anch'io tempo fa quando m'è capitato di leggere su siti e giornali, e vedere per televisione(6nazioni) o al campo e in trasferta, bacchettate e commenti di tifosi avversari perchè bisogna stare buoni, zitti, di non fischiare e che si vantavano di essere delle vere città in mischia(anzi in minchia). Tanto per fare due nomi, quel incompetente di Bollesan, e tifosi pardon boari, del calvisano e qualche benefattore trevigiano... La mia opinione non viene solo perche a rovigo stanno andando male parecchie cose da tempo, ma scaturisce dalla mia passione innarrestabile per il rugby, e da tanti anni di continuo seguimento piu di altri incompetenti...in italia tutto fa schifo! Forza Rovigo!"

"Il mio papi portava me e mia sorella Cica al Battaglini quando eravamo piccine picciò. A Roma c'eravamo. Cica, che è più grande di me, anche a Udine (era a Udine, no? Col Petrarca...). Perciò... non verremo traviate dal pattinaggio a rotelle. Rugby.it non lo guardo mai perchè non m'interessa, il sito dei veri intenditori è questo, il nostro. Io ho scritto lo "sfogo" perchè mi pare che le cose stiano cambiando in peggio. Ed è molto triste, stanno girando troppi soldi e in Italia la mentalità rugbistica non trova terreno fertile se non in poche zone, prima fra tutte la nostra. Eppure non si fa altro che parlare di una nazionale (scadente), dei signori Benetton, Calvisano, Parma e Viadana. I più "poveretti" del campionato, guarda caso... Stanno rovinando il nostro sport! Ma giuro che se mai avrò dei figli (maschi), GIOCHERANNO A RUGBY!! Ciao ciao"

"Purtroppo, secondo me, il professionismo ha snaturato il rugby: una volta i giocatori lo praticavano per vera passione, ora "anche" per denaro.Quanta nostalgia per i campionati dell'epoca dilettantistica! Oggi, improvvisamente, Roma diventa la capitale anche del rugby (ma dove??!!). Oggi, (rugby.it docet), chiunque si ritiene grande esperto di questo sport, e fino a ieri manco lo conosceva.
Preferivo il rugby che è esistito fino a quindici-vent'anni fa: non commerciale, poco conosciuto, ma sicuramente piu' VERO."

"C'è solo una soluzione per contrastare tutto questo orrore! Le grandi di un tempo e di sempre DEVONO tornare grandi!! E con le loro forze! Perciò ROVIGO, L'AQUILA E (ahimè la devo includere) PADOVA! Devono vincere contro soldi, "sudditanze psicologiche", arbitraggi scabrosi e via dicendo! Non c'è altra via d'uscita, la strada intrapresa adesso è bruttissima ed è difficile contrastarla e tornare indietro. La speranza sono queste tre squadre!! Utopia??!! Forse... ma bisogna crederci! Non portateci via l'orgoglio della nostra città!! Alè oò Alè oò!! FORZA NUOVA ROVIGO, Sissi tristissima"
Ultima modifica di L3gs il 8 giu 2006, 9:52, modificato 1 volta in totale.
L3gs
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Messaggio da L3gs »

Aggiungo una cosa:

scusatemi se ancora nn ho postato nulla sul monumento Isidoro Quaglio, ma sto passando giornate di duro lavoro... rugbystico, pur nn giocando.

Tra pochi giorni un profilo sul grande Doro.
Nebelhexe
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Messaggio da Nebelhexe »

grazie l3gs, quando puoi parlaci di Doro Quaglio.
Lei non sa chi io mi credo di essere!!!!
sanscrito
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Messaggio da sanscrito »

Chiedo scusa se faccio l'avvocato del diavolo, e vi chiedo di dirmi se vado troppo off topic rispetto all'argomento di questo thread, ma butto lì una provocazione (la dichiaro subito per non apparire brutale o maleducato): se i Bersaglieri si fossero giocati adesso lo scudetto, se la società rossoblu andasse bene, se foste ricchi e tra i primi, le parole e le opinioni sarebbero le stesse? Inoltre, l'esempio di schiettezza riportato da L3gs, chiama in causa Serafin Dengra (cui mi lega uno dei ricordi più piacevoli della mia mediocre carriera), che non era rodigino, ma è stato un fior di professionista... Per quanto riguarda i messaggi dal sito ignorante (che mi è simpatico anche solo per il nome), non sono d'accordo che in Italia le cose si rovinino subito: Non era il desiderio di tutti noi rugbisti d'antan o quasi uscire dalla carboneria, non essere confusi ogni volta con uno sport diverso, sapere di trovare qualcuno che sapeva di cosa stavi parlando, o trovare riferimenti al rugby non soltanto nelle brevi dei giornali? E adesso che forse qualcosa succede, con qualche inevitabile stortura, tutto va male? Io non sarei così pessimista.
Non credo che quello del professionismo sia un problema semplice da affrontare e dividere in due: di qua tutto bene e di là tutto male, anche dal punto di vista culturale che ha tracciato Grun. Io credo che i confini etici del nostro sport siano sempre segnati, e se qualcuno non lo capisce c'è di sicuro un arbitro o chi per esso (non fanno parte del rugby anche gli arbitri?) a farglielo capire. Grun parla di violenza nel campionato inglese, e allora quello francese? Non era per la violenza che la Francia fu esclusa per qualche anno dal Cinque Nazioni? Non sono gli stessi temi che ritornano, anche se allora non c'era tutto questo professionismo?
Una delle paure che io ho è quella di vedere un rugby dedicato sempre più a gladiatori, a gente dal fisico sempre più spropositato, e avvertire la sensazione, guardandoli, di esseri altri da me. Di un gioco diverso, fatto davvero per morituri: questo, sì, mi spaventa.
Vi saluto ringraziandovi dell'attenzione
L3gs
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Messaggio da L3gs »

sanscrito ha scritto:Chiedo scusa se faccio l'avvocato del diavolo, e vi chiedo di dirmi se vado troppo off topic rispetto all'argomento di questo thread, ma butto lì una provocazione (la dichiaro subito per non apparire brutale o maleducato): se i Bersaglieri si fossero giocati adesso lo scudetto, se la società rossoblu andasse bene, se foste ricchi e tra i primi, le parole e le opinioni sarebbero le stesse?
Purtroppo non esiste una controprova ma ti posso dire che, nel campionato 99/00 in cui la società passò in mano a Bego ed arrivarono Giovanelli, Orlandi, Farner, Roux, Coetzee, Reidy, l'allenatore Bayly ed il preparatore Neville ed il Rovigo si comportò benissimo in Europa e giocando un ottimo rugby perse il treno-playoff all'ultima giornata per un drop di Grangetto del Viadana all'82', la città non si infiammò come ai bei tempi.
sanscrito ha scritto: Inoltre, l'esempio di schiettezza riportato da L3gs, chiama in causa Serafin Dengra (cui mi lega uno dei ricordi più piacevoli della mia mediocre carriera), che non era rodigino, ma è stato un fior di professionista...
L'esempio di Dengra non era casuale; il giocatore era "professionale" in un'epoca in cui il professionismo nn esisteva ed a Rovigo divenne quasi rovigoto; il fatto che anche a lui, come a Botha, Smal, Lupini, la gente si ponesse in un certo modo, mi sembrava significativo da rilevare.
sanscrito ha scritto: Per quanto riguarda i messaggi dal sito ignorante (che mi è simpatico anche solo per il nome), non sono d'accordo che in Italia le cose si rovinino subito:
Sono d'accordo, infatti nel mio precedente intervento avevo specificato che a volte i commenti sn esagerati, ma che un fondo di verità c'è.
sanscrito ha scritto: Non era il desiderio di tutti noi rugbisti d'antan o quasi uscire dalla carboneria, non essere confusi ogni volta con uno sport diverso, sapere di trovare qualcuno che sapeva di cosa stavi parlando, o trovare riferimenti al rugby non soltanto nelle brevi dei giornali? E adesso che forse qualcosa succede, con qualche inevitabile stortura, tutto va male? Io non sarei così pessimista.
Qui nn sono d'accordo, non avrei mai barattato lo status di nicchia e da appassionati competenti con soldi e visibilità (che cmq in italia nn è così presente: Il Gazzettino una volta dedicava più pagine al rugby, i quotidiani nazionali si infiammano solo per il 6N, rai regionale veneto un tempo faceva un servizio sul campionato ogni domenica sera, ora è una grazia se danno i risultati del treviso!, il 6N ci è si offerto da La7, ma Cecinelli e Bollesan macchiano di ignoranza ed insipienza ogni gara che commentano; se in italia vuoi vedere delle partite in tv, ti resta colo sky...)
sanscrito ha scritto:
Una delle paure che io ho è quella di vedere un rugby dedicato sempre più a gladiatori, a gente dal fisico sempre più spropositato, e avvertire la sensazione, guardandoli, di esseri altri da me. Di un gioco diverso, fatto davvero per morituri: questo, sì, mi spaventa.
Vi saluto ringraziandovi dell'attenzione
Il problema secondo quanto sento io è che il rugby è già così, è già ormai fatto -soprattutto in italia- di fisici gladiatori (e comportamenti sempre più destrorsi) e "lontani". Ieri vedevo un RO-TV del 1996: che differenza, in questo senso.
franky52
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Messaggio da franky52 »

Nebelhexe ha scritto:grazie l3gs, quando puoi parlaci di Doro Quaglio.
Doro, grande seconda linea del Rovigo, ammirato tante volte in Nazionale, con il Rovigo giocammo due amichevoli nel '73/'74.
Ho una foto della prima amichevole in precampionato sett '73.
Isidoro dovrebbe essere quello con il braccio che gli copre il volto, il 2° dei rossoblù.

Immagine

Restituimmo la visita al Battaglini nella primavera del 74, che emozione giocare su quel campo.
Mi colpì la statua a Maci, morto pochi anni prima, una città che dedica una statua ad un giocatore di rugby. Mi pareva di essere in Galles.
La tribuna era piena, per un'amichevole contro una squadra di serie B!

Doro mi accompagnò in stazione con la sua macchina a fine partita, non aveva giocato, era infortunato.
Ero felice di aver incontrato un mito del rugby italiano!
Nebelhexe
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Messaggio da Nebelhexe »

franky52: Mi pareva di essere in Galles.

hehehe mi hai rubato il pensiero.
Lei non sa chi io mi credo di essere!!!!
franky52
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Messaggio da franky52 »

sanscrito ha scritto:Chiedo scusa se faccio l'avvocato del diavolo, [....] Serafin Dengra [...] che non era rodigino, ma è stato un fior di professionista [...]
Non credo che quello del professionismo sia un problema semplice da affrontare e dividere in due: di qua tutto bene e di là tutto male, anche dal punto di vista culturale che ha tracciato Grun. Io credo che i confini etici del nostro sport siano sempre segnati, e se qualcuno non lo capisce c'è di sicuro un arbitro o chi per esso (non fanno parte del rugby anche gli arbitri?) a farglielo capire. Grun parla di violenza nel campionato inglese, e allora quello francese? Non era per la violenza che la Francia fu esclusa per qualche anno dal Cinque Nazioni? Non sono gli stessi temi che ritornano, anche se allora non c'era tutto questo professionismo?
Una delle paure che io ho è quella di vedere un rugby dedicato sempre più a gladiatori, a gente dal fisico sempre più spropositato, e avvertire la sensazione, guardandoli, di esseri altri da me. Di un gioco diverso, fatto davvero per morituri: questo, sì, mi spaventa.
Vi saluto ringraziandovi dell'attenzione
Aspetto un intervento di GRUN (che vedo on line) per poter sviscerare ed approfondire questi problemi:
Professionismo
Violenza
Non che siano legati fra loro indissolubilmente e tengo a ribadire che il confine fra durezza e violenza sta nell'etica di chi gioca ... e sempre più spesso nell'accentuazione delle motivazioni ai giocatori di chi dirige il gioco ... Presidenti, DS, Allenatori di ogni categoria. Parafrasando Snoopy del buon C.M. Schulz, "la mano che controlla la scodella controlla il mondo" e ottenere un premio se scassi qualcuno ... oggettivamente spaventa.
Quando il danneggiare fisicamente un avversario per il risultato del match diventa un obiettivo ... siamo messi male!
franky52
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Messaggio da franky52 »

Aggiungo anche che la demonizzazione di comodo del professionismo non è accettabile, pescando nei ricordi non credo che Alex Penciu, tanto per fare un nome e per tornare molto indiero nel tempo (fine '60 e serie di scudetti Rodigini) avesse lasciato la Romania per Rovigo per altri motivi che quelli che ora si chiamano professionistici.
Anche successivamente negli anni '70 c'erano, a grosse linee, due scuole di "pensiero" riguardo ai giocatori "mercenari" la padovana e la trevigiano/rodigina. Il Petrarca di memo Geremia offriva gli studi, un posto di lavoro in cambio di serietà e dedizione al Rugby. Spesso coloro che smettevano di giocare si radicavano sul territorio.
A Treviso e Rovigo, mi pare e vorrei essere smentito, che i giocatori andavano giocavano e poi se ne tornavano via ... segno evidente di un rapporto meramente professionistico.
GRUN
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Messaggio da GRUN »

Ciao Franky, più tardi affonterò, bontà vostra, le questioni che il mio amico Sanscrito, generatore di demoni socratici, ha sollevato. C'è molta ciccia da mordere...
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Messaggio da franky52 »

sanzen ha scritto:Avrei anch'io una richiesta per Verosqualo: vorrei, se possibile, un ricordo di un'altro componente di quella mischia,
Cucchiella pilone e personaggio "strano" nel rugby di allora.
Grazie
Aspettando che Verosqualo ci parli di Marzio, ho una domanda da fargli, chi era il tallonatore di quella fortissima prima linea aquilana DiCarlo (in giovanile giocava Pilone, dopo qualche tempo passò in Secona linea, mi pare) Cucchiella e ... Tallonatore era ... Passacantando?
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Up.
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