Inviato: 20 feb 2006, 13:07
Come evidenziavo in un post di alcuni giorni fa, il gioco al piede offensivo non fa parte di un rugby retrogrado e che celebra l'antigioco, ma è semplicemente ed intelligentemente UN modo per giocare la palla.
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<BR>Come ogni lunedì su OGNISPORT de IL GAZZETTINO, Antonio Liviero aggiunge note e contyributi tecnici. Vi riporto il pezzo di oggi.
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<BR>I calci tattici e la legge della tripla variante
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<BR>Il prepotente ritorno del gioco al piede offensivo alla Coppa del Mondo del '99 non è stato una meteora. Negli anni seguenti la tendenza si è radicata divenendo consuetudine tattica di vaste proporzioni. Una sorta di controriforma rispetto al tentativo di imporre, con nuove regole, la circolazione della palla come spettacolo: in particolare nel '92 il valore della meta era stato portato a 5 punti, e nella stagione 96-97 la legalizzazione dell'ascensore sulle rimesse laterali aveva reso quasi impossibile scippare un lancio e inibito, di conseguenza, i calci in touche.
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<BR>Ma la storia del gioco dimostra che ogni regola unilaterale introdotta per penalizzare la difesa e favorire l'attacco ha finito col rafforzare proprio i sistemi di opposizione. Semplificando il ragionamento: se la meta pesa così tanto, allora bisogna fare di tutto per non subirne. Dunque difendere di più e meglio. Un effetto analogo si è prodotto per le touche: se è diventato impossibile recuperare la palla sul lancio dell'avversario, tanto vale trasferire la pressione dal duello aereo al resto del campo. E concentrarsi sul post conquista. Risultato: difese sempre più impenetrabili. E' quello che succede ogni volta che si viola la logica interna del gioco penalizzando, con nuove regole, le fasi di combattimento collettivo, riducendole di numero e di intensità, col solito presupposto di favorire lo spettacolo. Uomini ed energie sono stati quindi traslocati attorno alle fasi raggruppate e al largo. Gli intervalli si sono dimezzati grazie alla crescente disponibilità di uomini, certo meglio allenati ma anche meno impegnati e spremuti da mischie ordinate, touche e grandi raggruppamenti. In realtà il gioco alla mano vive sugli spazi, e si volesse favorirlo davvero si dovrebbe potenziare proprio la lotta collettiva per indebolire di conseguenza la pressione difensiva.
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<BR>Invece dal 2000 al 2002 si è assistito a un vertiginoso infoltimento delle linee di difesa, in particolare la prima, e il gioco al piede, di conseguenza, ha cominciato ad essere sempre più praticato come mezzo giudizioso ed economico, in termini energetici, per allargarle. La legge della tripla variante di René Deleplace, grande ispiratore del metodo globale di Villepreux, nel definire i principi di efficacia tattica offensiva, individua i criteri con cui alternare le forme di gioco in rapporto alla pressione. Riassumendo: se gli avversari sono sparpagliati o, comunque, larghi, attacco in penetrazione; se si concentrano per arginare l'azione, si passa al gioco aperto negli spazi lasciati liberi; e quando oppongono una barriera densa si gioca al piede. Elementare.
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<BR>Ciò che Deleplace non poteva prevedere era che la terza ipotesi diventasse la costante del gioco. Quello che è puntualmente accaduto. E ciò in concomitanza con una svolta tecnologica che ha ridato incertezza alle rimesse laterali stimolando i calci i touche. L'analisi computerizzata dei video ha infatti consentito di svelare nei minimi dettagli i meccanismi dei lanci degli avversari, di impararne le combinazioni e di renderli del tutto prevedibili. Dunque contrastabili. A questo si aggiunga la progressiva professionalizzazione del rugby che ha consentito di lavorare molto di più la touche in allenamento e soprattutto il gioco al piede. Tanto che negli staff tecnici delle grandi squadre è comparso lo specialista dei calci.
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<BR>Ecco perché non è stato un caso che in Francia la finale del campionato 2002 tra Agen e Biarritz, due roccheforti del rugby di movimento, sia stata caratterizzata da più di cento calci. E che ai vertici di tutte le competizioni siano finite solo le squadre con grandi calciatori.
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<BR>Antonio Liviero
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<BR>Come ogni lunedì su OGNISPORT de IL GAZZETTINO, Antonio Liviero aggiunge note e contyributi tecnici. Vi riporto il pezzo di oggi.
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<BR>I calci tattici e la legge della tripla variante
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<BR>Il prepotente ritorno del gioco al piede offensivo alla Coppa del Mondo del '99 non è stato una meteora. Negli anni seguenti la tendenza si è radicata divenendo consuetudine tattica di vaste proporzioni. Una sorta di controriforma rispetto al tentativo di imporre, con nuove regole, la circolazione della palla come spettacolo: in particolare nel '92 il valore della meta era stato portato a 5 punti, e nella stagione 96-97 la legalizzazione dell'ascensore sulle rimesse laterali aveva reso quasi impossibile scippare un lancio e inibito, di conseguenza, i calci in touche.
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<BR>Ma la storia del gioco dimostra che ogni regola unilaterale introdotta per penalizzare la difesa e favorire l'attacco ha finito col rafforzare proprio i sistemi di opposizione. Semplificando il ragionamento: se la meta pesa così tanto, allora bisogna fare di tutto per non subirne. Dunque difendere di più e meglio. Un effetto analogo si è prodotto per le touche: se è diventato impossibile recuperare la palla sul lancio dell'avversario, tanto vale trasferire la pressione dal duello aereo al resto del campo. E concentrarsi sul post conquista. Risultato: difese sempre più impenetrabili. E' quello che succede ogni volta che si viola la logica interna del gioco penalizzando, con nuove regole, le fasi di combattimento collettivo, riducendole di numero e di intensità, col solito presupposto di favorire lo spettacolo. Uomini ed energie sono stati quindi traslocati attorno alle fasi raggruppate e al largo. Gli intervalli si sono dimezzati grazie alla crescente disponibilità di uomini, certo meglio allenati ma anche meno impegnati e spremuti da mischie ordinate, touche e grandi raggruppamenti. In realtà il gioco alla mano vive sugli spazi, e si volesse favorirlo davvero si dovrebbe potenziare proprio la lotta collettiva per indebolire di conseguenza la pressione difensiva.
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<BR>Invece dal 2000 al 2002 si è assistito a un vertiginoso infoltimento delle linee di difesa, in particolare la prima, e il gioco al piede, di conseguenza, ha cominciato ad essere sempre più praticato come mezzo giudizioso ed economico, in termini energetici, per allargarle. La legge della tripla variante di René Deleplace, grande ispiratore del metodo globale di Villepreux, nel definire i principi di efficacia tattica offensiva, individua i criteri con cui alternare le forme di gioco in rapporto alla pressione. Riassumendo: se gli avversari sono sparpagliati o, comunque, larghi, attacco in penetrazione; se si concentrano per arginare l'azione, si passa al gioco aperto negli spazi lasciati liberi; e quando oppongono una barriera densa si gioca al piede. Elementare.
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<BR>Ciò che Deleplace non poteva prevedere era che la terza ipotesi diventasse la costante del gioco. Quello che è puntualmente accaduto. E ciò in concomitanza con una svolta tecnologica che ha ridato incertezza alle rimesse laterali stimolando i calci i touche. L'analisi computerizzata dei video ha infatti consentito di svelare nei minimi dettagli i meccanismi dei lanci degli avversari, di impararne le combinazioni e di renderli del tutto prevedibili. Dunque contrastabili. A questo si aggiunga la progressiva professionalizzazione del rugby che ha consentito di lavorare molto di più la touche in allenamento e soprattutto il gioco al piede. Tanto che negli staff tecnici delle grandi squadre è comparso lo specialista dei calci.
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<BR>Ecco perché non è stato un caso che in Francia la finale del campionato 2002 tra Agen e Biarritz, due roccheforti del rugby di movimento, sia stata caratterizzata da più di cento calci. E che ai vertici di tutte le competizioni siano finite solo le squadre con grandi calciatori.
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<BR>Antonio Liviero