Come il solito, scrivo dopo giorni. E’ lunga leggere tutto il thread! Di tanto in tanto trovo interventi cui vorrei replicare di getto, poi mi rendo conto che ci sono altre dieci pagine in cui altri potrebbero avere già risposto (tipo l’affermazione: che cos’ha Marcato in meno di Hernandez?

)
Vado per argomenti. Rilassatevi, perché sarò lungo come il solito e me ne scuso sin d’ora. In alternativa, saltate il mio intervento.
Una premessa metodologica: questa volta ho visto l’incontro allo stadio. Per questo motivo ho alcune sensazioni molto vive e mi sono reso conto di alcune circostanze non avvertibili in TV. Per contro non ho avuto modo di rivedere le azioni e tutti i miei commenti dovranno basarsi sulle labilità della mia memoria. Come di consueto, sono aperto a critiche motivate e rettifiche.
Argentina – nonostante sia orribile da vedersi, io adoro questa squadra. La verità è che si tratta di una squadra “ragno”: sta lì, se la attacchi al piede ti ricaccia indietro, se la attacchi al largo ti isola il portatore di palla, la ruba e contrattacca. Non esiste modo per mettere in difficoltà l’Argentina in forma e al completo, se non subissandola di gioco (compito arduo) o mettendola sotto pressione nelle fasi statiche e nel break down e inducendola al fallo. Per noi era ovviamente obbligatoria la seconda strada e per certi versi nel primo tempo ci siamo anche riusciti, sebbene l’imprecisione al piede di Marcato (a prescindere dalla difficoltà dei calci, è una constatazione oggettiva) non ci abbia consentito di ricavarne punti.
Dove abbiamo perso - Il tabellino dice questo: mete 1 a 1; cp 4 a 9!

Intanto, aver tenuto l’Argentina a 1 meta è un’impresa difensiva e testimonia di un buon assetto generale. Va detto anche che alcuni falli trasformati da Contepomi in 3 punti sono stati commessi per evitare una probabile segnatura: appartengono a questi i “tenuti” di Masi nei 22. Tuttavia si può affermare nel complesso, dati alla mano, che nell’ambito di una partita sostanzialmente equilibrata, sia stata decisiva la nostra “indisciplina”. Io non parlo volentieri di “indisciplina”, perché il termine dà l’impressione che il fallo sia frutto di un momentaneo offuscamento, quando invece spesso deriva da una contingente necessità: chi tiene la palla dopo il placcaggio non lo fa per disprezzo delle regole del gioco, ma per non consentire agli altri di gestire un contrattacco; così come chi si tuffa sul ruck non lo fa dimentico delle norme che la regolano, ma nel tentativo di recuperare da una posizione svantaggiosa. Per questo io preferisco il termine calcistico “fallosità” e dico che, contro l’Argentina, la nostra unica e non infondata speranza era giocare in modo simile al loro ed essere meno “fallosi” (la Francia aveva fatto così); invece lo siamo stati di più.
Gli episodi - Mallett, richiestone, ha attribuito la sconfitta ad episodi: i 2 calci piazzati causati da Masi nel finale di primo tempo, che ci hanno messo sotto nel punteggio e in condizione di dover recuperare, e la meta, che ha ampliato il divario e minato il morale. Gli do ragione: stare sotto nel punteggio con l’Argentina è una iattura. Cito una mia considerazione pre-partita: con questa squadra, più ti esponi e più lo prendi lì. Guarda caso, anche questa volta è successo.
Analizziamoli, questi episodi.
Sul primo tenuto di Masi, metà colpa va a Marcato che riceve palla piatto come per aprire alla mano e poi decide di calciare e viene logicamente contrato; Masi copre e raccoglie, ma è sotto pressione. Masi sotto pressione è un pessimo calciatore, decide di tentare l’avventura e i compagni non sono tanto generosi da concedergli il sostegno (il calcio, anche con poco guadagno, era l’opzione migliore; probabilmente gli altri sono arrivati tardi perché questo era quanto si aspettavano).
Del secondo fallo poco dopo ho labile memoria, ahimé!
La meta è figlia di un errore di Canavosio, che prende palla direttamente nei 22, ma, trovandosi a ridosso della linea di touch, ritiene meglio sparare lungo che fuori con poco angolo (e quindi con probabile scarso guadagno); cicca il calcio sparandolo in bocca ad Hernandez, il quale lo fa rimbalzare (e guadagna tempo per studiarsi la situazione) e quando lo prende ha già chiaro che i nostri centri lo attaccheranno, che sta salendo anche l’ala a sinistra (Mirco), che il calciatore si è reso conto di aver fatto una str..ata e, indeciso sul da farsi, è lento a salire, che il nostro estremo è inesperto e staziona troppo profondo, che l’ultima difesa è l’apertura mingherlina (un giornale australiano l’ha definito così, cioè “diminutive”, in inglese); percorsi 5 metri, al salire della difesa la turlupina con un calcetto, anticipa calciatore ed estremo e sul placcaggio scarica al sostegno, che entra in meta appena solleticato dall’estremo tentativo di Marcato. Col senno di poi, sono in grado anch’io di dire che quella palla andava calciata fuori accettando uno scarso guadagno e concedendo loro eventualmente una touch a 25-30 metri. Ma d’altronde eravamo sotto nel punteggio, e loro erano in 14. “Proviamoci!”, si sarà detto il buon Pablo, noncurante del suo piede imbananito di sabato scorso, e si è esposto; per cui noi (come da mia citazione poco sopra) l’abbiamo preso lì. Ahi, quanto fa male!
Il gioco dell’Argentina – a parte il “palla alta e pedalare”, che per funzionare a dovere necessita della pedata di Hernandez, mi ha entusiasmato l’abilità difensiva dei pumas. Come gli AB si muovono sempre a terne in attacco, con uno che porta palla e due in sostegno ai lati sempre pronti, così loro erano sempre in tre sui punti d’incontro: uno placcava alle gambe a fermare, l’altro andava alto a coprire il riciclo e il terzo, frontale, era pronto a “grillotalpare” dal gate. Dovrei rivedermi la partita decine di volte da dietro i pali per capire come fanno! Ma forse è meglio che lo faccia il nostro coaching staff...
Il gioco dell’Italia – l’ingenuo Travagli ha spiegato a dovere il nostro game plan: “cercare di giocare nel loro campo con dei calci molto lunghi e, una volta conquistato il loro campo, tenere la palla o giocare palle veloci all’esterno”. Perché non ha funzionato? A mio avviso, perché i calci erano sì molto lunghi, ma per guadagnare in lunghezza erano anche molto piatti, con l’esito che, terminata la loro parabola, i nostri erano ancora lontanissimi e gli argentini avevano tutto il tempo di organizzare un gioco o di ricacciarci indietro. Anzi, la pedata di Hernandez andava sempre altissima, dando tempo ai compagni di portarsi a ridosso del nostro ricevitore, col che la pressione, che avrebbe dovuto avvenire nel campo loro, si spostava nel campo nostro.
Più in generale, dalla mia posizione ho avuto modo di apprezzare la differenza nella tecnica di calcio: i nostri hanno calciato sempre dei punt, calci che hanno il pregio della precisione ma la gittata limitata; laddove gli argentini a volte tentavano dei calci “a spirale”, che vanno più lontani e sono più difficili da intercettare perché hanno traiettoria incerta; ma rischiano di far fare brutte figure: chi si rammenta della punizione di Hernandez che non solo non è uscita, ma è andata oltre la linea di pallone morto regalandoci una mischia sul punto del calcio? Eppure, alla lunga, hanno avuto ragione loro: per il tipo di calci (“molto lunghi”) che avevamo impostato, avremmo dovuto adottare la tecnica “a spirale”, ma ho come l’impressione che dei nostri nemmeno Marcato la sappia usare (esempi di giocatori che hanno lo “spiral kick” nel loro bagaglio tecnico: Peens, De Marigny, Wakarua, Pez); o forse, per qualche misterioso motivo, gli è stato suggerito di non servirsene? In sostanza, quoto Zazza quando dice “Una partita come quella di sabato si decideva con i calci tattici.
Da questo punto di vista gli argentini sono stati nettamente superiori ai nostri.”
I singoli – ho sentito critiche roventi su numerosi giocatori. Chi critica le nostre terze, è al corrente che si tratta di Mauro Bergamasco e Parisse? O vogliono dire che ha giocato male soltanto Sole (il che peraltro non è vero)? Semplicemente, contro il sistema difensivo argentino giocare bene è arduo, perché ci vorrebbe un sincronismo perfetto coi tre quarti che ora non c’è.
Chi ritiene che Marcato giochi a ridosso della linea ha mai notato quanto più vicino alla linea del vantaggio giochi Orquera? Sono scoperte che si fanno stando all’altezza del terreno di gioco: Lucianino gioca coi difensori avversari, li mette in crisi minacciando la penetrazione sul loro avanzamento e sfrutta il loro attimo di indecisione per recapitare la palla al centro. Rammento a tutti i suoi detrattori che sabato ci abbiamo fatto una meta. Oppure tenta di entrare nell’intervallo per inaugurare una sessione di gioco dentro la difesa (vedasi interessante articolo nel thread qualche pagina fa). Anche Pez alle volte lo faceva (non vi inalberate, se avete la registrazione di Italia-Argentina del 2005 andatevi a rivedere la meta di Canale; o se avete quella di Irlanda-Italia del 6N 2006, la meta di Mirco). Marcato invece (ancora?) non lo fa.
Si spara a zero su Garcia. A parte il fatto che ha una bellissima tecnica di placcaggio alle gambe (mi ricorda un gaucho che atterra il manzo con le bolas) e che sta antipatico all’amico JM4 (per cortesia, abbiamo capito che secondo te “no tiene el nivel”, non c’è bisogno di ricordarcelo ogni volta che ci scrivi); Pratichetti è andato meglio? Abbiamo avuto a confronto l’oriundo “mercenario” e il giovane italiano doc, ci sono forse state differenze? Hanno giocato male tutti e due, insieme alla squadra: li vogliamo buttare a mare? Prendiamo atto della brutta prestazione, e andiamo avanti.
Canavosio ha francamente giocato male. Il passaggio no, quello lo fa bene, a differenza di Travagli (che però se imbrocca la giornata che passa bene diviene devastante). Inoltre placca quanto gli passa davanti. Ma non ha mai tentato la sortita (anche perché conscio che farsi beccare dai pumas senza sostegno equivale a perdita di possesso) e soprattutto si è dimostrato dannoso al piede, non solo in occasione della meta: ricordo una serie di calci dal box sparati alti e corti e un calcio svirgolato direttamente fuori. Per me, una delusione. Spero possa rifarsi in futuro.
Infine Masi. Ho sentito aspre critiche alla sua gestione del possesso. Tuttavia è uno scotto prevedibile da pagare schierando estremo un giocatore fuori ruolo. Il problema di Masi estremo è che non è sicuro quando calcia sotto pressione. Tuttavia da questa esperienza Andrea potrebbe ricavare l’insegnamento che alle volte è meglio calciare fuori anche se si rischia di andare corti (soprattutto con le ELV, che neutralizzano il maul) che farsi beccare con la patata in mano. Come apertura Masi aveva molto di più da imparare, da estremo questo è l’unico insegnamento di cui poteva aver bisogno. L’ha avuto.
Man mano che mi verranno in mente altre cose, ve le proporrò...
![Mr. Green :-]](./images/smilies/icon_mrgreen.gif)