roy bish

La Storia del Rugby, le sue Tradizioni, le Leggende, attraverso documenti, detti, racconti, aforismi.

Moderatore: Emy77

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verosqualo
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Messaggio da verosqualo »

sanzen ha scritto:Sono convinto che il professionismo si sia innestato in maniera molto differente sulle culture dilettantistiche esistenti nei vari "universi rugby" che si trovavano nel mondo a metà anni 90.
Dobbiamo tenere conto in maniera assoluta di come le società rugbystiche, intese come agglomerati di giocatori, dirigenti, suqadre e organizzazione dei tornei+tradizione, erano strutturate nelle zone rugbystiche. Pensiamo alle Union Britanniche e Irlandesi, l'origine dei giocatori Inglesi era quasi sempre di classe agiate, studenti di college o professionisti, i Gallesi erano lavoratori e così diversificando. La base nelle zone evolute assicurava un ricambio generazionale continuo ed una chiusura autarchica verso gli "immigrati".
Le culture rugbustiche meno ricche di tradizione e base come la nostra erano costrette per fare dei piccoli passi di miglioramento tecnico a pagare degli eccellenti giocatori stranieri che quasi sempre davano impulso alla squadra e all'ambiente. Eravamo dei vituperati antesignani del professionismo finchè lo stesso problema, moltiplicato per il numero dei giocatori di primo piano di ogni Union/Federazione, non si è presentato sotto forma di professionismo mascherato o malcelato.
Era certamente difficile mettere d'accordo sviluppo del gioco e impegno temporale con una tradizione fatta da amatori, magari sublimi ma pur sempre interpreti del gioco come tale e non come professione.
Il passaggio è stato molto difficile e periglioso per tutti e comunque il professionismo ha assunto aspetti diversi secondo l'origine+tradizione delle isole rugbystiche di cui parlavo all'inizio del mio intervento.
Piccolo esempio per chi ha avuto modo di seguire la Premiership Inglese il comportamento molto più severo degli arbitri in questo campionato 2005/06 rispetto al precedente che ha portato un miglioramento nei rapporti fra i giocatori in campo, molta strada in proposito è ancora da percorrere e il cammino sarà lungo e tortuoso.
C'è una dicotomia temporale tra la visione del mondo fuori dal rugby e la difficilissima situazione di assestamento del rugby professionistico. L'immagine usata dalla comunicazione pubblicitaria è quella antica che corrisponde ai valori tradizionali, il rugby praticato oggi è diverso nel suo essere giocato anche per il profitto, ma non solo. Certamente la comunicazione ha a disposizione una serie di valori da mettere in risalto sempre meno reperibili allo stato "puro", ma è proprio per questa "visibilità" non tradizionale e venduta come prodotto che il rugby ha più potere mediatico.
La difficoltà sta nel coniugare i valori con la merce, parola vagamente volgare nel contesto, ma definisce il grande quid del rugby contemporaneo. Sono convinto che molti dei partecipanti a questa discussione siano consapevoli che passa anche e soprattutto dalla loro esperienza e conoscenza la possibilità di far mettere sane radici a tuti quei giovanotti che praticano questo sport. Attraverso l'educazione e la continuazione del valore che, oltre che un gioco, il rugby è un mestiere onesto.
Piano piano ci avviciniamo alla teoria dei grandi sistemi...appunto come coniugare il vecchio con il nuovo...è il problema con cui l'umanità si è sempre dovuta confrontare senza quasi mai riuscirci. La soluzione è sempre stata di vivere la nuova realtà e le sue contraddizioni contando sul fatto che, comunque, l'inerzia del sistema reggesse l'impatto del nuovo equilibrio. Se oggi, cambiando argomento per avere riferimenti più generali, nonostante il sistema pianeta non sembri offrire molte possibiltà di resistere all'impatto dello sviluppo e della crescita voluta dall'uomo e della sua incontenibile capacità di divorare risorse, si predica la necessità di trovare un equilibrio tra tutela dell'ambiente e sviluppo, restando sempre fermi sulla tutela e incapaci di rinunciare allo sviluppo...figuriamoci come si possa pensare, benchè sia desiderabile, arrestare la trasformazione del rugby e limitare i danni "del nuovo che avanza"...Occorre, a mio avviso, essere molto pragmatici e trovare di volta in volta il compromesso più alto per perdere il meno possibile dell'immenso patrimonio del rugby dilettantistico...Ma, purtroppo, i compromessi vanno cercati tra due posizioni che siano rappresentate e riconosciute. Il fatto preoccupante è che tra i portatori d'interesse non c'è chi rappresenti i nostri timori e la nostra voglia di trasmettere alle furure generazioni i piaceri di un gioco che resti un gioco, appunto. La Federazione non è in grado o non ha interesse di prevedere futuri scenari e cercare quella coniugazione di esigenze cui si faceva riferimento. Così perderà pure quell'obbiettivo economico/professionale che pure interessa. Non so, veramente, cosa sarebbe meglio proporre nell'immediato, però sono sicuro che sarebbe indispensabile porsi delle domande sulle conseguenze delle scelte che si fanno evitando di vivere solo il presente..
sanscrito
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Messaggio da sanscrito »

Scusate, io sono l'ultimo arrivato, e perciò l'ultimo che può parlare. Questo forum è bellissimo, ma secondo me la gran parte dei thread è fatta di cazzeggio puro, come quello "Solo per prime linee" in queste colonne, che è una cosa che mi dà un po' fastidio, essendo stato per vent'anni una prima linea poco incline a scherzare troppo sulla cosa. Questo è uno dei pochi thread che frequento con curiosità e interesse, leggendo sempre interventi apprezzabili e stimolanti. Però, da circa una settimana è tutto fermo. Cos'è, la discussione sul professionismo ha seccato tutti? O non ci sono più cose da raccontare sui personaggi che hanno fatto la storia grande e piccola del rugby italiano? Io ho conosciuto gente per lo più sconosciuta ai più, come il già citato Nino Begali, grande uomo e grande rugbista, oppure un Bollesan a cui personalmente voglio bene, ma vedo che a queste latitudini non è molto amato, per cui evito. Perciò ho pochi contributi da dare, ma l'interesse è sempre vivo. Grun, che fine hai fatto? Ti hanno chiuso dentro qualche cinema, o in una cucina? E l'epopea dei rovigoti e di tutti gli altri chi la racconta? Orsù, dunque, fatevi vivi...
L3gs
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Messaggio da L3gs »

sanscrito ha scritto:Scusate, io sono l'ultimo arrivato, e perciò l'ultimo che può parlare. Questo forum è bellissimo, ma secondo me la gran parte dei thread è fatta di cazzeggio puro, come quello "Solo per prime linee" in queste colonne, che è una cosa che mi dà un po' fastidio, essendo stato per vent'anni una prima linea poco incline a scherzare troppo sulla cosa. Questo è uno dei pochi thread che frequento con curiosità e interesse, leggendo sempre interventi apprezzabili e stimolanti. Però, da circa una settimana è tutto fermo. Cos'è, la discussione sul professionismo ha seccato tutti? O non ci sono più cose da raccontare sui personaggi che hanno fatto la storia grande e piccola del rugby italiano? Io ho conosciuto gente per lo più sconosciuta ai più, come il già citato Nino Begali, grande uomo e grande rugbista, oppure un Bollesan a cui personalmente voglio bene, ma vedo che a queste latitudini non è molto amato, per cui evito. Perciò ho pochi contributi da dare, ma l'interesse è sempre vivo. Grun, che fine hai fatto? Ti hanno chiuso dentro qualche cinema, o in una cucina? E l'epopea dei rovigoti e di tutti gli altri chi la racconta? Orsù, dunque, fatevi vivi...
In realtà, caro Sanscrito, uno dei motivi del mio silenzio è una certa frustrazione che provo sempre più, mano a mano che frequento questo sito. Ed alcuni perchè li puoi facilmente trovare in alcuni post in cui ho detto la mia sul problema-professionismo (ma non su questo thread).

In ogni caso, avevo promesso tempo fa che presto avrei tracciato qui un profilo sul grandissimo Doro Quaglio, nn appena avessi avuto un pò di tempo libero.

Tempo che ancora nn ho trovato, ma la promessa resta valida.
Nebelhexe
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Messaggio da Nebelhexe »

per favore..... siete una delle poche motivazioni per aprire ancora questo forum, non dico il sito perchè non è nelle mie intenzioni offendere il lavoro di qualcuno.....
per favore.....
Lei non sa chi io mi credo di essere!!!!
BixBeiderbecke
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Messaggio da BixBeiderbecke »

L3gs, da un esperto di storia del RR, mi potresti dire se c'è stato un giocatore (credo degli anni 50 o 60) che si chiama Sergio Fonzo?

Grazie
verosqualo
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Messaggio da verosqualo »

Nebelhexe ha scritto:per favore..... siete una delle poche motivazioni per aprire ancora questo forum, non dico il sito perchè non è nelle mie intenzioni offendere il lavoro di qualcuno.....
per favore.....
Ehi GRUN &c siete in ferie??? di già??? per tornare all'esigenza di non perdere i "valori" che spesso si confonde, per contiguità di argomento, con la necessità di valorizzare i giocatori italiani ed i giovani, spesso si sente parlare delle Accademie...In verità una esperienza simile fu fatta negli anni 70 a Mogliano Veneto, se non ricordo male, fu abbastanza disastrosa...Ovviamente ne è passata di acqua sotto i ponti...,ma secondo voi un ragazzo che si allena e studia, ...dovrebbe, dal lunedi al venerdi due volte al dì, poi torna nel club per giocare la domenica, quanto può reggere? Se poi, come si dice, il posto è Tirrenia c'è veramente da piangere...In inverno Tirrenia è vitale come la più sperduta caserma in Sardegna di vecchia memoria...Voi vi fidereste a mandarci il vostro ragazzo? Di nuovo...qual'è dunque la strada per far si che il rugby costruisca degli uomini che poi sappiano farsi valere nella vita come nel campo (in fondo questa è la sintesi dei "valori" che si vogliono mantenere), io non conosco la strada però di fronte al bivio che si presenta farei una riflessione prima di buttarmi a capofitto nell'eden (finto) del professionismo...manterrei quantomeno delle sagge vie d'uscita e di mantenimento di situazioni d'elite con un dilettantismo, al limite, reso attraente da possibilità di formazione e studio di alto livello per i giovani. Poi lascere scegliere a loro se abbracciare una carriera di lavoro, secondo il livello raggiunto, o quella più effimera del professionista di rugby...lasciando quindi la possibilità di tornei per dilettanti e per professionisti. Sarebbe un vanto per la Federazione avere un'accademia di rugbisti laureati, non so alla LUISS o alla BOCCONI, con richieste di lavoro e dover resistere per giocare un altro pò...avere poi uno scambio di esperienze con gli altri giovani che fanno solo i professionisti, non sarebbe un movimento più ricco e vitale? O sono solo pazzo?
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ciccibaliccio
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Messaggio da ciccibaliccio »

Io penso che per la crescita dei Ns giovani l'accademie servano a poco, piuttosto secondo me c'è bisogno di società coraggiose che diano ai tutti i giovani la possibilità di giocare,divertirsi e garantire un valido percorso formativo e al frattempo diano l'opportunità di emergere a quei ragazzi che per qualità tecniche e caratteriali lo meritino. Detto così sembra facile , ma quante società preferiscono imgaggiare mediocri giocatori esteri anzichè sobbarcarsi un dispendioso lavoro di anni per creare giocatori in loco ? Non sarebbe dunque più redditizio per la nostra federazione, finalmente ricca con i soldi del 6nazioni premiare ed incoraggiare tutte quelle società che lavorano bene sul territorio con un sostanzioso aiuto economico non elargendo contanti, ma sotto forma di campi,spogliatoi , infrastrutture e materiale? Vorrei sapere se la mia è solo utopia o un'idea condivisa. Ciao a tutti.
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ciccibaliccio
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Messaggio da ciccibaliccio »

P.S C'è qualcuno del forum che ha conosciuto o ha visto giocare GIUSEPPE MILIONI (putroppo recentemente scomparso) giocatore delle Fiamme Oro degli anni 60/70 ? Inoltre vorrei confermare a GRUN l'intitolazione dello nuovo stadio di atletica di Roma a L'indimenticabile PAOLO ROSI.
franky52
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Messaggio da franky52 »

verosqualo ha scritto: Se poi, come si dice, il posto è Tirrenia c'è veramente da piangere...In inverno Tirrenia è vitale come la più sperduta caserma in Sardegna di vecchia memoria...Voi vi fidereste a mandarci il vostro ragazzo?
Concordo ... lo squallore della fredda pineta invernale e la difficoltà di collegamenti con Pisa come possono favorire la permanenza ... gli '88 non sono universitari, devono frequentare il 5° anno delle superiori Tirrenia/Pisa/Tirrenia ... partenza ore 7 ed è grassa se rientrano alle 15 due allenamenti necessari ... una seduta di potenziamento ... ad esempio di forza veloce ... almeno 1 ora e mezza con i dovuti recuperi; un allenamento tecnico ... almeno 2 ore i professionisti non possono fare gli studenti ... ma ritardare il lavoro fino ai 20 allagherebbe il gap.
Non vedo altro che soluzioni locali fino al termine degli studi superiori con il contributo federale per i probabili nazionali e l'obbligo delle squadre di inserire un congruo numero di giocatori giovani in Prima Squadra. Mi pare risibile, se vero, l'obbligo di inserire un nato '86 in lista per Top A e B (fonte altro 3D ... non ho ancora il giusto stato d'animo per leggermi la Circolare Informativa corrente).
verosqualo ha scritto:Di nuovo...qual'è dunque la strada per far si che il rugby costruisca degli uomini che poi sappiano farsi valere nella vita come nel campo (in fondo questa è la sintesi dei "valori" che si vogliono mantenere), io non conosco la strada però di fronte al bivio che si presenta farei una riflessione prima di buttarmi a capofitto nell'eden (finto) del professionismo...manterrei quantomeno delle sagge vie d'uscita e di mantenimento di situazioni d'elite con un dilettantismo, al limite, reso attraente da possibilità di formazione e studio di alto livello per i giovani.

Per citare la "linea petrarchina" del tempo che fu ... Memo Geremia, Marzio è medico (primario?) a Padova, se non vado errato e Beppe direttore di filiale di banca, mi pare, per citare solo 2 degli "emigranti" verso Padova della fine degli anni 70.
Garantire studi, palestra, campi e ... AMBIENTE!
verosqualo ha scritto:Poi lascere scegliere a loro se abbracciare una carriera di lavoro, secondo il livello raggiunto, o quella più effimera del professionista di rugby...lasciando quindi la possibilità di tornei per dilettanti e per professionisti. Sarebbe un vanto per la Federazione avere un'accademia di rugbisti laureati, non so alla LUISS o alla BOCCONI, con richieste di lavoro e dover resistere per giocare un altro pò...avere poi uno scambio di esperienze con gli altri giovani che fanno solo i professionisti, non sarebbe un movimento più ricco e vitale? O sono solo pazzo?
Non sei affatto pazzo, solo che il professionismo italico è veramente penoso, leggere le lamentele di procuratori ed immaginarne il livello ... basta aprire altri threads ... le banditate che dirigenti compiono impunemente. Le condizioni di Aquila Rovigo (che dramma per le due città bacini pilastro del Rugby italiano) e Catania sono sui giornali, quindi è veramente arduo trovare una strada maestra da indicare nel Rugby di casa nostra. Avere notizie dalle realtà che vanno può essere di aiuto. Benevento intesa come città aveva 2 squadre in A, ha giocatori in giro per tutt'Italia e quest'anno ha raggiunto due finali di categoria (U15 e U19).

Forse per deformazione professionale, posso solo dire che si deve partire dalla scuola ... ma poi guardo le macerie della gestione Moratti e le pavide affermazioni dalla nuova dirigenza della scuola ...

Un ricordo, (Verosqualo perdonami) .. nel 73/74 insegnavo in una SM con molte classi a tempo pieno. Il laboratorio sportivo di rugby (2 ore x 2 pomeriggi + 1 ora del curriculare) aveva più di 50 ragazzi.
5 hanno avuto esperienze in nazionale.
Le giovanili degli anni a seguire ottimi risultati.
Il Prato negli anni a seguire ritornava ad alti livelli (in serie B) con i ragazzi nati nel 60/61/62
Questo per il lavoro di due miseri precari in una scuola.
GRUN
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Messaggio da GRUN »

Cari Sanscrito e Verosqualo, magari fossi in ferie o segregato in qualche cucina... Ho letto gli ultimi interventi, e come al solito in questo thread, condivido le considerazioni di Franky52, di Verosqualo e di Ciccabaliccio, che ringrazio per la conferma relativa al grande Paolo Rosi. Purtroppo mi sembra che l'ultima preoccupazione di molti dirigenti ed addetti ai lavori, quando si dibatte intorno agli spinosi temi dello sviluppo e delle eventuali svolte professionali, sia la formazione culturale dei ragazzi. In questo senso sì, è vero, ci stiamo uniformando ai professionismi degli altri sport ed ai rugby degli altri paesi, solo che in quelle realtà le gratificazioni economiche per i giocatori sono consistenti e garantite. Ti sottraggo tempo ed opportunità ma ti ricompenso col denaro e ti garantisco varie forme di assistenza, in primis medica, nel periodo dei contratti. A fine carriera sarai tu ad investire, denaro o conoscenze, quanto guadagnato col professionismo. Semplice, brutale, ma a suo modo efficace e leale. Nel rugby italiano invece abbiamo un consistente numero di cornuti e mazziati: atleti costretti a rinunce, specie scolastiche, e sacrifici ed in nulla ricompensati, che arrivati a trent'anni non sanno da che parte voltarsi...
verosqualo
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Messaggio da verosqualo »

Signori, mi riconosco nei vostri ragionamenti, confessando un certo sollievo considerando i discorsi che spesso si sentono in giro...ebbene dove si volteranno i professionisti di oggi? Quelli che non hanno una famiglia con solide attività già avviate? Quelli che pur giocando nel top ten non sono e non saranno mai nazionali con le relative, benchè minime, possibilità? Continuando nell'immagine data da GRUN si volteranno e troveranno il vuoto di un burrone irto di speroni rocciosi e anfratti...troveranno la vita quella vera non anestetizzata da qualche migliaia di euro guadagnati giocando...C'è veramente da preoccuparsi di loro pur sempre giocatori du rugby e quindi nostri sodali. Io sento il peso di questa responsabilità e se tutti coloro che come me lo sentono facessero sentire la propria voce forse qualche sogno si avvererebbe e ci sarà un nuovo modello, va bene anche quello un pò gesuita del petrarca d'antan, opportunamente emendato...purchè alla fine vi sia una gara per giocare con quelle società che danno, al posto dei soldi, la opportunità di avere i migliori professori, le migliori strutture, i migliori laboratori...ognuno arriverà dove lo porteranno le sue capacità, ma con un contorno di livello massimale! e le scuole e le università faranno a gara per entrare nel circuito di una società che per tradizione sforna leader...Che poi alla fine tutto si coinvolge e si collega nel non voler essere esclusi da un meccanismo di successo. Bella e condivisibile l'idea di usare per le strutture materiali e, direi, per quelle immateriali della formazione i soldi del 6 nazioni..
sanscrito
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Messaggio da sanscrito »

Per parlare del tanto vituperato calcio, che però per quanto riguarda il professionismo qualcosa può insegnarci. Anche lì ci sono masse di ragazzi che non sfondano, che passano tutta una carriera tra serie C e minori. So che le società professionistiche impongono ai ragazzi dei propri vivai di studiare, e di raggiungere certi risultati, altrimenti vengono tagliati. I ragazzi che vengono da fuori sono ospitati in collegi o in case famiglia, e devono studiare. Perché non si può fare qualcosa del genere? Giochi con me, per me, e io ti curo, ti seguo, magari faccio anche le veci della famiglia lontana, ma devo darti qualcosa di solido su cui costruire un futuro, e non può essere solo lo sport. Devo pensare anche all'idea che tu non ce la faccia. Prendono sempre più piede, credo, certi licei sportivi, dove ai giovani atleti è dato il tempo per gli allenamenti e per le trasferte, pur non essendo lassisti sotto il piano della didattica: bisognerebbe iscrivere lì i giovani rugbisti, e dare loro la possibilità di giocare e studiare e soprattutto crescere. Io ho giocato per anni in un Cus: non ci davano neanche la possibilità di pagare meno, o non pagare, le tasse universitarie, soprattutto per coloro che ne avrebbero avuto bisogno. Oggi questo atteggiamento non può essere tollerato. Se professionismo deve essere lo deve essere per tutte le strutture, non solo quelle che seguono la prima squadra. Invece mi sembra che si proceda a strappi, guardando soprattutto, se non esclusivamente, i risultati dei seniores. La strada non può essere quella. Credo anch'io che la federazione debba farsi carico anche di questo problema, e insieme alle società pensare a qualche meccanismo che cominci a diventare circolo virtuoso. Ma non so se ce n'è la voglia, e se qualcuno finora ne abbia sentito la necessità
L3gs
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Messaggio da L3gs »

In attesa del profilo di DORO QUAGLIO, che traccerò in settimana, eccovi un contributo che ritengo importante, apparso sulla prima pagina del Gazzettino di Rovigo, il 9 Febbraio 1991:

"Non pensavo nemmeno lontanamente, quando ho accettato di venire a giocare a Rovigo, che sarei stato protagonista con i miei compagni della 1000° partita di ininterrotta permanenza in serie a della mia squadra.
Mi sono informato sulle statistiche che riguardano i successi della RR, ebbene credo che quella che stiamo festeggiando sia una vera e propria impresa. Non so neppure se potrà essere uguagliata nei prossimi trenta o quarant’anni. So solo che questo è un momento storico. Ne siamo tutti consapevoli, ha dell’incredibile.
Eppure queste mille partite sono state costruite una alla volta da uomini come i quindici che scenderanno oggi in campo contro Milano, la prima squadra con la quale il Rovigo ha debuttato. Ora noi siamo qui a chiederci chi erano quelli che ci hanno permesso di arrivare fin qui. Giocatori e dirigenti, pubblico e giornalisti, tutti erano come noi di oggi. Ognuno ha dato qualcosa per la squadra, per la città, per gli amici.
Goccia dopo goccia, i risultati sono venuti, la soddisfazione non è mai mancata, neppure nei momenti peggiori, visto che mai la nostra squadra ha saputo che cosa vuol dire retrocedere.
Oggi, tempo permettendo, ci ritroveremo tutti insieme, dal primo giocatore storico fino a noi campioni uscenti, uniti nello spirito a giocare in un’aria di festa e di orgoglio la partita che rende onore a tutta una città. E’ merito della città se stiamo vivendo questo momento consapevoli del suo significato e bellezza. Noi giochiamo da amanti del rugby, vogliamo vincere ed onorare la millesima gara rossoblu con una vittoria. State certi, daremo quello che siamo soliti dare ad ogni incontro con l’aggiunta di qualcos’altro: l’onore di rappresentare oggi un grande passato, convinti che la città ha sempre una grande squadra, in grado di vincere e superare qualsiasi ostacolo con la passione, la dedizione ed il coraggio che contraddistinguono questo bellissimo sport che, a Rovigo, ha trovato l’ambiente più bello d’italia."

NAAS HENDRIK EGNATIUS BOTHA
alfiesa
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Messaggio da alfiesa »

Ancora oggi, dopo tanti anni, sono orgoglioso e felice di aver giocato quella partita, affontando un grande campione e una grande società.
L3gs
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Messaggio da L3gs »

Up! :D
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