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da Lemond » 11 dic 2013, 9:24
Aggiungo quanto scritto da un mio amico, grande conoscitore di quasi tutti gli sport, sulla radiazione di Danilo Di Luca
Da Morris l'originale il Ven Dic 06, 2013 2:53 pm
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-La sentenza non aggiunge nulla al ciclismo, è solo un fatto di mera coerenza nella giurisprudenza. Ma che a monte vi siano crepe mostruose sulle vicende doping e, quindi, anche a livello della giurisprudenza ad esse legate, è altrettanto vero, potremmo dire lapalissiano. Ormai, addirittura, è così anche per chi ha un prosciutto intero davanti agli occhi..
La sentenza è solo un atto che modificherà la vita di Danilo di qui in avanti. Che lo sentenzia, per quelle ragioni che stanno a monte, come un appestato, un untore. Ed è un finale dispregiativo, più per chi guarda l’atto come una forma di “razziale (sissignori) purezza”, che per chi, come Danilo, è solo uno delle decine di migliaia di dopati che lo sport intero, nonché altre tantissime azioni umane, han visto protagonista.
Oggi, nello sport, se lo si conosce veramente, c’è più doping di prima, più violento, pericoloso e modificante di prima, ma è bene pensare che si stia limitando, che abbia preso colpi gravi, quasi mortali. È la legge, sovente tradotta anche sui codici, dell’uomo ipocrita, credulone, miope ed infernale nel suo dominio sull’uomo stesso. Dell’uomo che inventa la religione per la ragione grafica di limitarne la crescita, ed aumentarne a dismisura la sottomissione, condita di morale, come sempre sublimata sulla mirra dell’ipocrisia. Di un uomo che è peggiore del tempo che fu, ma che ha acquisito una altrettanto infernale capacità di imbavagliare gli occhi con l’apparenza al posto della realtà. Della società della libera volpe nel libero pollaio; con la libertà, dunque, come parametro decisamente metafisico. Il doping, è un tassello del mosaico umano (perché non è solo nello sport) che sta luccicando come un esempio basilare sulle miserie umane, dove si producono slogan anche meramente idioti, pur di farne un funzionale strumento di corso, o di viale che sia. La pena che si deve provare, viene da qui, soprattutto.
Allo sportivo Di Luca va la riconoscenza di chi ha amato (e magari ama ancora) questa disciplina sportiva. Di chi lo ha visto campione reale, perché lo era veramente e che s’è seduto con le sue virtù maggiorate al pari dello scalino di altri, migliaia, maggiorati come lui. Di chi non ha mai goduto dell’impero, dell’unico caso di morfologica differenza, perché padrone-padrino depositario di esclusive uniche, in quanto rielaborazione umana della pseudo religiosa Trinità, dove per anni s’è prodotta la scimmiottesca speranza, di confondere ulteriormente gli imbecilli, con infusi totali di ammirazione. Di Luca era gli altri, perciò vero come gli altri e, per questo, viste le risultanze e la completezza del corridore, come il ciclista italiano più forte dall’assassinio di Pantani ad oggi e, probabilmente, anche di un lungo domani.
Lo saluto, se lo r*** gli stringerò nuovamente la mano e colgo occasione per ricordargli che chi non è ipocrita, non è scemo, o vinto dalla strana malattia del sentirsi realmente un piccolo dio quotidiano per bontà, preghiere e giustizia, lo vedrà sempre come un grande campione del ciclismo perlomeno moderno. Sicuramente più brillante di tanti che ancor oggi corrono, o giocano, o calciano, con la pulizia della durezza del talco.
E la battaglia al doping, non guadagna un granello di polvere, con la radiazione di Di Luca..
Fanno festa i musulmani il venerdì
il sabato gli ebrei
la domenica i cristiani
...
e i barbieri il lunedì