GRUN ha scritto:Sarebbe molto intrigante analizzare perché in Italia si sia venuta a determinare questa proliferazione di gruppi sportivi generati dai corpi militari (un fenomeno che per proporzioni ed impatto qualitativo rappresenta un unicum nella storia sociale dell'Europa occidentale) e quali ricadute ciò abbia avuto sullo sport nazionale, ma, come già detto, ci spingeremmo troppo in là...
Eddai, solo un pochino.. (in attesa che sia fatto il debito approfondimento in altro forum, o davanti ad una pizza)
La giustificazione formale è che lo sport fortifica, e che i militari, per esigenze difensive (o per tutte le varie funzioni attribuite ai singoli corpi: dallo spegnimento degli incendi all'accompagnamento e sorveglianza dei detenuti), devono essere forti. Lineare.
Ma la giustificazione sostanziale l'ha detta il Canello: è (quasi) impossibile per un atleta di livello alto (di uno sport povero) conciliare lavoro e agonismo.
Quasi, impossibile. C'è chi lo fa.
E i discorsi sono più o meno simili a quelli che ritrovo su questo forum nelle discussioni sulle "squadre cadette".. Càpita molto spesso che i dilettanti veri (nel senso che il lunedì mattina dovranno andare a lavorare) si misurino sul campo con dei professionisti mascherati (nel senso che il loro stipendio è per altra cosa, ma in buona sostanza sono pagati per allenarsi). E il risultato è che di solito, i campionati, siano vinti dai professionisti mascherati. Gli altri si incazzano. Ogni tanto vince anche un dilettante, grazie ad un'immensa volontà ed al naturale talento. Fa notizia. Ma, a parte questi casi sporadici, nella maggioranza dei casi, i dilettanti veri si incazzano.
So del karate, da parte mia.
E' vero che, come sport, e come tutte le arti marziali, è anche abbastanza "giustificabile" come pratica all'interno di un corpo dell'esercito. Ci sta (e ci starebbe anche il rugby, per carità, a livello di contatto, combattimento.. boh, chiamatelo come volete), in teoria.
Anzi: ci sono dei campioni di karate che si occupano anche di insegnamento ed addestramento, all'interno dell'esercito.
Ma quando si parla di campionati, e gare, e pura e semplice pratica sportiva.. beh. Lì viene il nervoso: perché gareggiare da dilettante contro un professionista, significa, in soldoni, prendere un sacco di mazzate.
In generale, la pratica sportiva diventa via via più elitaria: non trovandosi la possibilità di distinguere adeguatamente il livello di preparazione individuale (formalmente, si tratta pur sempre di dilettanti), in concreto si arriva ad equiparare situazioni completamente distinte, con l'impoverimento progressivo della fascia intermedia di praticanti, quelli che si trovano ad un gradino superiore rispetto ai puri e semplici appassionati e non rientrano nell'olimpo degli atleti più capaci.