Intervista a Castro sul Corriere.
Quasi la metà delle domande sono sul calcio...
http://www.corriere.it/sport/speciali/2 ... d4a5.shtml
Eccola, di D. Calcagno, corriere.it
NELSON (Nuova Zelanda) – «Se siete a Leicester e vi capita di andare a cena al Timo, vi consiglio la pasta, la facciamo noi, è ottima, e la pizza. In cucina sono tutti italiani, fanno la differenza». Martin Castrogiovanni, professione pilone, il lavoro più sporco e più duro del rugby, non ha ancora 30 anni ha già cominciato a darsi da fare fuori campo: «Ho due ristoranti, uno in città, un altro appena fuori, a Market Harborough, in società con Murphy, irlandese, mio compagno di squadra nei Tigers e mio avversario domenica a Dunedin. Non so cosa farò quando smetterò di giocare, magari farò le pizze, chi lo sa. Adesso però ho altro per la testa, con gli Stati Uniti è andata, ora penso all’Irlanda, voglio fare un bel Mondiale».
Contro gli americani una meta e la nomina di man of the match. Sono soddisfazioni…
«Sì, ma la squadra è molto più importante: la vittoria vale molto più dei riconoscimenti personali».
Nessuno in Nuova Zelanda pensa che l’Italia possa battere gli irlandesi e andare ai quarti…
«È normale, i favoriti sono loro. A me non dispiace, meno parlano di noi meglio è. L’Irlanda è forte, ma noi sappiamo cosa dobbiamo fare. Sarà una guerra, come sempre, serviranno cuore e palle. Abbiamo visto come l’Argentina ha battuto la Scozia, quello è l’esempio, dovremo imitare i pumas».
L’Irlanda sembrava stanca, opaca, poi ha battuto l’Australia. Se lo aspettava?
«Non ci avrei scommesso un dollaro neozelandese. Sono stati bravi, per noi però non cambia niente. Anzi, per come siamo fatti forse è meglio così, se avessero perso magari ci saremmo sentiti più sicuri, probabilmente troppo».
Le piacciono le nuove regole e gli arbitraggi di Coppa?
«Diciamo che bisogna adattarsi. Non dico che ci sia un complotto contro la mischia, però ogni anno cambiano qualcosa. Nuova Zelanda e Australia comandano, e vogliono un rugby di movimento, diverso da quello che si gioca in Europa. Non mi piace nemmeno la nuova regola sul placcaggio, sembra fatta apposta per gli irlandesi».
Quattro anni fa c’era un c.t., Berbizier, in partenza e finì malissimo. Anche Mallett ha la valigia pronta.
«Ma Nick non è Berbizier. In Francia fu un gran casino. Con Mallett è diverso, la squadra è con lui, lo ha sempre seguito e apprezzato».
Conosce Brunel, il prossimo c.t.?
«No, mai parlato con lui».
Le è mai venuta voglia di tagliarsi barba e capelli?
«I capelli li tengo lunghi perché li sto perdendo, la barba mi serve per avere un aspetto più cattivo: senza sembro un ragazzino di 15 anni».
A Leicester, quando aveva il contratto in scadenza, i ragazzini andavano allo stadio con la barba finta…
«Credo che tutti i giocatori vogliano essere amati dai loro tifosi. Quando non giocherò più spero che la gente si ricordi di me per quello che ho fatto sul campo. A Leicester sono rimasto per l’amore che mi ha dimostrato la gente. Per me vale più dei soldi».
Ha un nemico preferito?
«Una volta non sopportavo O’Gara, l’apertura dell’Irlanda, in campo è strafottente. Poi Murphy ci ha fatti incontrare, non dico che siamo diventati amici, però. Decisamente O’Gara è molto meglio quando non gioca».
Gli avversari più tosti?
«Sheridan, l’inglese, Tonga’uiha, il tongano, e Steenkamp, il sudafricano. Tre piloni forti, difficili, contro di loro sono sempre battaglie all’ultimo sangue».
Un maestro che non dimenticherà mai?
«Adrian De Giusto. Io volevo giocare seconda linea, non mi piaceva fare il pilone, troppe botte, dopo ogni allenamento avevo male dappertutto. Lui mi ha convinto a stare davanti, credo proprio di doverlo ringraziare».
Le manca il calcio qui in Nuova Zelanda?
«Mi manca, lo ammetto».
Interista?
«Sì, quando sono arrivato in Italia dall’Argentina c’erano Simeone, Zanetti…».
Zanetti c’è ancora.
«È fantastico, ha 38 anni, magari potessi fare una carriera come la sua».
Il campionato è cominciato male, si è fatto un’idea di cosa non ha funzionato con Gasperini?
«Io capisco già poco di rugby, non mi permetto di dare giudizi. Nello sport però queste cose capitano e quando allenatore e giocatori non si capiscono è meglio cambiare».
Con Mourinho si è divertito?
«Da matti, il triplete, aspetto che qualcun altro faccia altrettanto. Mou è un grande allenatore, fa il matto e toglie ai suoi giocatori tutta la pressione e i giocatori sono pronti a dare tutto per lui. Non ci sono vie di mezzo: lo ami o lo odi, io lo amo».
Vivendo a Leicester è difficile andare a San Siro.
«Sì, quando posso vado a vedere il City di Mancini. Adoro Tevez, è uno che non molla mai. Lo sport io lo intendo così, tecnica sì, ma soprattutto cuore».